SCRITTURE CONTABILI INFORMATIZZATE E PROFILI DI BANCAROTTA

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L’imprenditore, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori rispondono di bancarotta fraudolenta documentale quando sottraggono, distruggono o falsificano, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o tengono le medesime scritture in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

Rispondono di bancarotta semplice documentale quando, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Le due fattispecie di bancarotta documentale, fraudolenta e semplice, si distinguono per due elementi fondamenti.

Sotto il profilo oggettivo nella bancarotta fraudolenta rilevano le scritture facoltative mentre nella bancarotta semplice oggetto materiale del reato possono essere esclusivamente le scritture obbligatorie.

Sotto il profilo soggettivo la bancarotta fraudolenta documentale richiede un dolo specifico (con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori) con riferimento alla condotta di sottrazione, distruzione e falsificazione e un dolo generico con riferimento alla condotta della tenuta irregolare delle scritture in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari; la bancarotta semplice documentale invece è punibile indifferentemente a titolo di dolo generico o di colpa (cfr., ad esempio, Cass. Sez. V, 2.10.2018, n. 2900).

Recentemente la Suprema Corte, in relazione a un caso di bancarotta fraudolenta documentale, ha precisato che le scritture contabili possono essere tenute e consegnate al curatore anche in formato digitale, sempre che, come prescritto dall’art. 2220 c.c., le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti e che, qualora i supporti siano consegnati al curatore e questi non ritenga di visionarli o di chiedere che siano resi leggibili, non sussisterà il reato di bancarotta fraudolenta documentale mentre potrà eventualmente sussistere l’ipotesi della bancarotta semplice documentale (Cass. Sez. V, 10.03.2020, n. 9395).

Con riferimento alla bancarotta semplice documentale la Corte di Cassazione ha più volte chiarito che sussista il delitto quando ad esempio sia andata persa il supporto informatico contente le scritture contabili sempre che non ricorrono significativi indici probatori del fatto che l’accaduto sia dovuto ad un atteggiamento intenzionale del fallito (cfr. Cass. Sez. V, 22.01.2015, n. 11115; Cass. Sez. V Sent., 20.07.2009, n. 35886).

In conclusione, la non leggibilità da parte del curatore dei libri contabili tenuti informaticamente non è sufficiente all’affermazione di una responsabilità penale dovendosi valutare attentamente il comportamento del soggetto attivo sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Se la non leggibilità è stata voluta dall’agente per non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari sussisterà la bancarotta fraudolenta documentale. Se la non leggibilità è dovuta a negligenza potrà eventualmente sussistere l’ipotesi di bancarotta semplice. In ogni caso, nessun indizio può desumersi dalla non leggibilità della contabilità informatica da parte del curatore se quest’ultimo nemmeno abbia chiesto aiuto nel prenderne compiutamente visione.